Marzo 2020.
In un momento delicato e di attesa per tutti, in questa emergenza sanitaria da coronavirus, vogliamo rimanere in contatto con voi condividendo una riflessione della dottoressa Carla Longhi, primario dell’Unità di Cure Palliative.
E vogliamo ricordare i dieci anni della promulgazione della Legge 38, cioè le disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore.
Qui di seguito le parole della dottoressa Carla Longhi:
Oggi leggendo i giornali ho provato tanta compassione per quei famigliari di pazienti deceduti per Covid-19, che raccontano la tristezza di non aver potuto stare accanto ai loro cari nelle ultime ore, tenere loro la mano e sussurrare parole di consolazione e di amore. E poi minimizzare i riti del lutto e del cordoglio, non poter partecipare alla vestizione, chiudere la cassa il prima possibile rinunciando anche all’ultima carezza, impedire la presenza intorno al feretro di chi vuole bene e che vorrebbe sostenerli nel dolore.
Oggi, a pochi giorni dal decennale della promulgazione della legge n° 38 del 15/03/2010 sul diritto alle cure palliative e alla terapia del dolore, ancor di più sento forte il senso della mia scelta di essere medico di cure palliative, quelle cure che non lasciano solo il paziente e i suoi cari davanti alla morte, che li accompagnano minimizzando le sofferenze sia fisiche che psicologiche, che difendono la dignità del corpo e dello spirito devastati dalla malattia, che non allungano ne abbreviano la vita e che accettano la morte come naturale conseguenza del vivere.
Oggi più che mai queste morti contate, rendicontate, raccontate, pubblicizzate devono servire a farci riflettere, perché quando questo maledetto virus la smetterà di tenerci con il fiato sospeso e ci permetterà un lungo profondo e vitale respiro, tanti ammalati continueranno ad andarsene in modo più silenzioso, senza clamore, rimettendo la morte in quel dimenticatoio sociale di comodo, perché le morti “normali” non fanno notizia e anzi fanno ancor più paura nel loro banale richiamo al “ricordati che devi morire”.
Oggi sono qui a ricordare che nel nostro bellissimo paese, che ha legiferato nel 2010 per dare rilevanza ad un diritto che sembrerebbe eticamente implicito e scontato – e cioè il Diritto a non soffrire -, tutti i cittadini sono curati nella speranza di ridare loro la salute, sono curati quando le malattie non se vanno e li rendono cronici e sono curati quando si avviano al fine della vita con la stessa intensità, professionalità, passione e oserei dire eroismo, di cui molto si parla in questi momenti riferendosi al personale sanitario, perché occorre molto coraggio anche per tenere saldo il proprio sguardo sulla vita che finisce.
[Foto di Brandi Redd su Unsplash]